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LA VIABILITA' STORICA NELLA NOSTRA VALLATA

Da sempre il territorio orientale lariano, venne attraversato da piste e rotte di collegamento fra la Pianura Padana, in particolare il comparto milanese, con le lande situate oltralpe, valicando gli alpini passi dello Spluga, Settimer, Maloja, Stelvio. Le strade del Lario orientale, non conobbero solo una funzionalità transitoria, ma contribuirono e si adoperarono per lo sviluppo economico e antropologico delle valli che ne formano il comprensorio. Già nel periodo medioevale una fitta rete di mulattiere solcava i pendii scoscesi per raggiungere i dispersi nuclei rurali, le postazioni militari di controllo, e soprattutto i giacimenti siderurgici coltivati. Questi furono per secoli la base dell’attività economica sviluppatasi lungo i corsi del Varrone, del Pioverna e del Gerenzone, e necessitava di strade sempre praticabili e in ordine, sia per il trasporto a valle del minerale, sia per spostare verso la città i manufatti ferrosi.Nel medioevo l’attività estrattiva ebbe un notevole incremento ed è logico presupporre che la rete viaria si consolidò proprio tra i secoli XII e XIV, in cui assistiamo anche alla definizione degli attuali borghi comunali.Negli Statuti Civili e Criminali della Comunità di Valsassina, diversi articoli si riferiscono alla manutenzione, i divieti di trasporto e di transito, le multe per i contravventori, dell’uso delle strade. Nel 1803, durante il Regno d’Italia, un documento illustra la necessità di urgenti interventi lungo la direttrice che porta alle miniere di Varrone.

Vecchia cartolina con il ponte sul Varrone costruito nel 1711 e quello superiore datato 1883.Negli anni Sessanta del XIX secolo si diede inizio alla costruzione del tratto di nuova Provinciale in alta Valsassina, in sostituzione dell’obsoleta Strada Nazionale denominata sulle mappe di allora "Strada Nazionale delle Miniere". Il nuovo tracciato seguì il medesimo andamento, anche se fu collocato su un diverso pendio per assecondare le pendenze e poter predisporre una sede stradale di larghezza superiore a 3 metri, e attorno al 1870, si giunse con i lavori nei pressi del torrente Varrone, dove ci si raccordò al vecchio tracciato. Solo nel 1883 venne eretto il ponte, denominato "Regio", in sostituzione del precedente, eretto all'epoca di Maria Teresa d'Austria.

A differenza della sponda Occidentale del lago, non sono segnalate in queste valli strade consolari romane, anche perché spesso in epoca romana si sfruttò il passaggio a lago fra Lecco e Samolaco per accedere alla ValChiavenna e alla Rezia. Gli itinerari principali per recarsi in Valtellina da Milano erano: Tramite imbarcazioni lungo il ramo lecchese del Lago di Como; Il passaggio lungo la riviera orientale, attraversando i paesi sul lago; Il tragitto a piedi che saliva da Lecco uscendo dalla porta di Villanova ed entrava nella Valsassina. Qui al viandante si prospettavano quattro diversi itinerari:

- Ad Introbio poteva salire per la Val Biandino, scollinare lungo la costa nell’alta Varrone e valicare la Bocchetta di Trona per ridiscendere la Val Gerola e trovarsi a Morbegno;

- Proseguire verso Taceno, salire a Premana e poi continuare lungo la valle del Varrone fino alla Bocchetta di Trona e riprendere lo stesso percorso di sopra;

- Seguire il percorso precedente, ma al valico di Piazzo, anziché puntare per Premana, si volgeva verso Pagnona e ridiscendeva la ValVarrone fino a Dervio, imboccando la via della Riviera per giungere al trivio di Colico;

- Deviare a Taceno in direzione di Bellano, salendo la mulattiera che porta in prossimità di Parlasco e scendere verso il lago, proseguendo verso nord sul cosiddetto “sentiero del viandante”. Un’altra importante via di comunicazione rilevata nel territorio, permetteva il collegamento fra la Valsassina e la Val Taleggio e Valtorta.

LA STRADA DELLA VALSASSINA

La strada più battuta per recarsi in Valtellina da Lecco e viceversa, fu quella valsassinese, a discapito del percorso a lago. Le varianti offerte sull’itinerario, consentivano al viandante di scegliere la strada più adatta a secondo se intendeva recarsi verso l’alta Valtellina o puntare verso Chiavenna e i passi dello Spluga o Maloja. Numerose sorsero nelle diverse epoche fortificazioni e baluardi a difesa della strada e dei borghi da essa attraversati. Tra Laorca e Ballabio, poco sopra Lecco, nel nucleo di Pomedo, sorgeva una torre che era in collegamento con il presidio di Ballabio e Castello a Lecco. Fortificazioni sparse sono ricordate a nord di Ballabio, ma certamente il principale sbarramento militare per difendere la vallata era la Rocca di Bajedo, posta sulla gola del Ponte di Chiuso, documentata già nel 936. Nell’abitato di Introbio, è conservata la torre costruita nel tardo medioevo, teatro di scontri tra faide opposte di Guelfi e Ghibellini attorno al 1400. Una fortezza certamente poderosa doveva pur essere la Rocca di Marmoro, costruita su un poggio sotto Parlasco, a guardia della via che proseguiva verso Bellano e così pure di quella che scendeva dalla Valcasargo. Lungo questa valle sorsero col tempo diversi capisaldi e torri d’avvistamento. Si citano quelle di Sommo Incino, poco sopra Taceno, la Bastia di Bagnala, edificata attorno al 1452-53. A Pagnona si conserva la torre, oggi trasformata in casa rurale, ricordata nelle memorie di Paride Cattaneo; essa sorge dove confluivano le strade provenienti da Premana e dal Valico di Piazzo. In ValVarrone, sono poi documentate le torri di Avano, Sueglio e Vestreno.

ITINERARIO INTROBIO – VAL BIANDINO – VAL VARRONE – VAL GEROLA;

Cippo di confine rilevato fra il Pizzo Tre Signori e i Piani di Bobbio.Questo itinerario si trova in alcune pubblicazioni indicato come “Via gentium” o “Via del Bitto” (perché porta verso la Val Gerola, in cui scorre il torrente Bitto da cui ha assunto il nome il tipico formaggio ivi prodotto). Diverse dovettero essere le bocchette in quota attraversate da percorsi, e nelle principali vi dovettero insediarsi dei capisaldi d’avvistamento o per il pagamento di dazi. Uno dei valichi più frequentati fu senz’altro la bocchetta presso Camisolo (2235 m.), in cui dalla Valsassina si passa nella bergamasca Valtorta.

Cippo di confine rilevato fra il Pizzo Tre Signori e i Piani di Bobbio.Su essa << una gran quantità di pietroni sparsi, ritenuti resti di antiche modeste fortificazioni; è tradizionalmente additata come ruderi dell’antichissimo Castello Reino che doveva guardare la « via gentium » tra l’Italia e la Rezia>>. La valle della Troggia ha sempre costituito la via di comunicazione tra la Val Biandino e le miniere del Varrone e Introbio, era perciò percorsa dai minatori e dai cavallanti che portavano il minerale, legna, cibarie e ogni genere di beni da e per le miniere. In questa valle si trovava il grande forno da ferro fondato da Luigi Arrigoni e un antico deposito per il minerale ed il carbone; quest’ultimo edificio era già diroccato nella seconda metà del XVI secolo. La valle termina alla Bocca di Biandino (1496 m. s.l.m.) dove il torrente forma impetuose cascate poco sopra la Baita della Scala. Questo edificio fu costruito nel 1565 assieme ad alcuni depositi per il minerale (scotteri), affinché servisse ai mulattieri che trasportavano a valle la vena; il sentiero che mette in comunicazione la Val Biandino con la Val Varrone si chiama ancor oggi “Sentiero del fraini”. In fondo alla valle, ai piedi del pizzo Tre Signori, vi è un piccolo lago oggi conosciuto col nome di “Sasso”, ma un tempo, come viene riportato da Cattaneo della Torre, era chiamato “Lago della Ferrera”, ed in prossimità a questo, sul pendio verso nord, furono coltivate delle miniere. 

Il medesimo itinerario era sfruttato anche da chi intendeva recarsi in Valtorta, territorio bergamasco dal XIV secolo sotto l’egemonia della repubblica Veneta.

ITINERARIO TACENO -PREMANA - VARRONE - VALGEROLA

La via dovette già essere percorsa in epoca romana, come si evince dalle monete rinvenute a Margno nel 1930 in due tombe riunite. Nei pressi del valico di Piazzo, che mette in comunicazione la Valsassina con la ValVarrone, si rilevano due toponimi lungo la strada che attestano la presenza di capisaldi romani. Due baluardi, posti sopra la chiesa di S. Margherita, sono ancora chiamati “Sasso della guardia” e “Premuro”, mentre l’esteso pianoro da cui dipartono le mulattiere che portavano ai paesi di Premana e Pagnona, è soprannominato “Il quadro”, indice forse di presenze fortificatorie. Questo collegamento divenne d’importanza vitale durante la guerra combattuta dagli spagnoli nei Paesi Bassi. Nel 1613, i Cantoni Svizzeri chiusero la strada del Sempione, e l’unico passaggio a disposizione, fu quello lombardo. Essi infatti, percorrevano la rotta che da Genova, dove sbarcavano, attraversava il Ducato milanese, e risalendo la Valtellina ed il Passo dello Stelvio, in tre mesi giungevano a destinazione. Il tracciato che sale alle miniere e verso la Bocchetta di Trona, oltre che rappresentare l’unico collegamento diretto con le unità estrattive, dovette essere utilizzato anche come via di lunga percorrenza verso i passi dello Stelvio e la Val Glossina, discendendo attraverso la Val Gerola che confina con la ValVarrone. Una significativa testimonianza la troviamo in un diario secentesco milanese: << 1636,10 giugno, « li francesi (sotto il comando del duca di Rovano o Rohan) vennero dalla Valtellina per la via di Premana nella Valsassina ove sebbene li passi sono stretti tuttavia non furono guardati a sufficienza dalli soldati quali erano venti per piosto solamente, quindi vennero in tuttal la valsassina, ove dimorarono sei giorni et poi si ritirirono a Morbegno nella valtellina …>>. Poco meno turbolento fu il transito delle truppe del marchese Davia il 16 aprile 1704 per correre da Lecco ad occupare il castello di Fuentes, che depredarono le chiese e la popolazione. Sotto l’impulso di Maria Teresa d’Austria, tra gli anni 1750 e 1760, fu migliorato il tratto di strada che da Premana sale fino alle miniere sotto il Monte Varrone, per consentire un più agevole trasporto del minerale estratto, verso le fucine ed i forni fusori dislocati numerosi lungo il torrente sotto l’abitato di Premana. Si allargò la sezione del sentiero, tutto realizzato in selciato, per consentire il passaggio di piccoli carri, e si appianarono le pendenze realizzando serie di tortuosi tornanti. Il ponte conservato sul torrente in località Ciudrino, fu costruito, come appare scolpito sulla chiave di volta, nel 1711. Durante la prima Guerra mondiale, la strada venne ulteriormente modernizzata e ampliata, in seguito alla costruzione della linea orobica di difesa che partiva da Colico fino in bergamasca. Si alzarono fortificazioni, postazioni strategiche lungo tutta la costa, e vennero realizzate anche tratti in trincea. Sulla bocchetta di Trona, ritenuto un passo strategicamente rilevante per l’incursione austriaca verso la Lombardia, si eressero delle ingenti costruzioni, costituiti da un forte con deposito e da case per il ricovero dei militari. Non furono utilizzati durante il conflitto, e successivamente una di queste case venne riadattata a colonia estiva per ragazzi, casa “Pio XII”. Gli edifici vennero bruciati durante una rappresaglia tedesca nella Guerra di resistenza nel 1944.

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